Vademecum per un perfetto (o quasi) circuito stampato

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robo67
view post Posted on 8/4/2008, 09:20




CITAZIONE
L'idrato di potassio è molto meglio

Questa mi mancava, buono a sapersi.
Due domande: dove si trova d'idrato di potassio? Quali percentuali sono da utilizzare per la soluzione di sviluppo?
 
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view post Posted on 8/4/2008, 10:35
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Immane Rompiball

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L'idrato di potassio si trova dai grossisti di materiale medico o chimico. È pericoloso quanto la soda caustica. Le percentuali da usare sono all'incirca le stesse, forse qualcosa di più da determinarsi sperimentalmente, si comincia con piccole quantità, poi si aumenta fino ad ottenere un buon risultato. Occorre considerare che è un pò più lento della soda, ma meno corrosivo. Quindi il circuito stampato può rimanere più a lungo dentro la soluzione senza che diventi nero e finisca di sciogliersi tutto come avviene di solito con la soda. Insomma è uno sviluppatore migliore. Si trova in contenitore in gocce solide da 1Kg al prezzo di circa 12/15 euro.
 
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Chris Steelhard
view post Posted on 8/4/2008, 12:42




A questo punto "mi si consenta, entro in campo anch'io"
E vi racconto come mi è stato insegnato a fare da un giovane di 17 anni studente dell'istituto IPSIA locale ( e si, c'è sempre da imparare e si impara anche da ragazzini così)
Dunque: occorre stampare il disegno, con una stampante laser su un foglio lucido da slider a rovescio: in modo speculare per capirci. Se come Law, non avete la stampante laser potete sempre farvi fare una copia su lucido in copisteria anche se è comunque meglio la stampa laser che va fatta ad alta definizione, il più nero possibile. La basetta ramata (non fotosensibile!) va pulita in modo perfetto e a questo punto il lucido (lato stampa) va appoggiato sopra alla parte ramata. Col ferro da stiro ad alta temperatura stirate il lucido in modo che il toner si trasferisca dal lucido al rame. Occorre una forte pressione uniforme su tutta la superficie e poi è necessario attendere che si raffreddi il tutto, primo perché ci lasciate la pelle delle dita, secondo perchè riportate via il toner e viene un “troiao”.
Quando dunque è freddato il tutto, togliete lentamente il lucido e vedrete il circuito trasferito sul rame.
I primi tentativi saranno ovviamente orribili, ma alla lunga ci si arriva.
Al solito il segreto di tutto sta nel lucido che deve essere perfettamente stampabile: il toner si deve attaccare facilmente, ma si deve, altrettanto facilmente, staccare. Ne esistono alcuni nati espressamente per tale scopo e dovrebbero chiamarsi "lucidi transfer". In questo modo abbiamo aggirato l’ostacolo dello sviluppo (no fotoresist, no soda caustica) e adesso vediamo di aggirare anche quello del percloruro ferrico:
si fa una bella miscela composta da acido muriatico comprato dal mestichiere e acqua ossigenata da 40 volumi (in vendita nei negozi di articoli per parrucchieri).
Usando una vaschetta di plastica, vi si colloca la basetta con il lato rame rivolto verso l’alto, se è a doppia faccia non vi preoccupate tanto bisogna girarla in continuazione. Usando un paio di occhiali protettivi, ricopritela con uno strato (mezzo cm è sufficiente) di acido muriatico e poi aggiungete lentamente l'acqua ossigenata, in modo graduale fino a quando non si scatenerà un'evidente reazione sulla superficie ramata: la miscela acido acqua-ossigenata diventa verde e il rame si corrode a vista d’occhio. Attenzione che se state corrodendo una scheda a doppia faccia, la dovete girare molto frequentemente ( ovviamente non con le mani!) A fine corrosione estraete la basetta dalla poltiglia rimasta e sciacquate il tutto in acqua corrente. Ovvie le raccomandazioni del caso, gas asfissianti si sviluppano durante il processo e la miscela è ustionante-corrosiva. io questo sistema non l'ho ancora provato ma il ragazzo mi ha assicurato che è fenomenale
 
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view post Posted on 8/4/2008, 14:01
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Immane Rompiball

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:o:
Si potrebbe usare acido nitrico concentrato fumante, e a quel punto man a mano che si immerge il circuito stampato il rame sublima via scomparendo da questa dimensione materiale...
:lol:

Dimostrazione di come all'IPSIA siano più facoceri che all'ITI... :lol:
Io sono per il percloruro ferrico. Più lento ma più preciso. Un fattore importante nei circuiti stampati è la forma che hanno le piazzole. Devono essere liscie e prive di punte lateralmente e senza fori o ossidazioni porose. Il percloruro ferrico si ottiene ossidando il ferro prima con acqua ossigenata e poi immergendo l'ossido di ferro giallo in acido cloridrico concentrato. Questo forma un legame labile con il ferro che viene scambiato con il rame appena possibile senza traumi di ossidazione delle piazzole o delle piste. L'agitazione, anche se lenta, è comunque obbligatoria, a meno di non mettere a galleggiare sul percloruro ferrico la basetta rivolta con la faccia da incidere verso il basso, operazione non troppo semplice.

Il processo di trasferimento del disegno con il ferro da stiro è proprio penoso. Il miglior risultato ottenibile non garantisce un minimo di sicurezza di continuità delle piste che risultano alla fine interrotte in molti punti e non si vede dove. Le piazzole risultano poco saldabili perchè il toner non difende correttamente dal percloruro la superficie del rame e al microscopio (40X) si vedono caverne di ossidi causa del problema. Questo se si usa il percloruro ferrico nuovo. Figuriamoci se si usa acido cloridrico e acqua ossigenata... :o:

Mi dispiace, ma lo dovevo dire. Spero di non aver sconvolto la tua entrata in campo. :unsure:
 
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Chris Steelhard
view post Posted on 8/4/2008, 14:29




Amen.............. e che mi voi sconvolge.............più di così?
 
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view post Posted on 8/4/2008, 14:54
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Immane Rompiball

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:lol: Dai, è che quì siamo un pelino perfezionisti. :lol:
 
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Chris Steelhard
view post Posted on 8/4/2008, 17:19




No, non ti confondere: vorrai dire MASOCHISTI. Finisce sempre per isti ma è diverso :P :D :lol:
 
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Chris Steelhard
view post Posted on 8/4/2008, 20:11




Alloraaaaaaa vi voglio regalare un po' di storia, periodo in cui molti di voi succhiavano ancora il latte................
Correva l'anno 1973; il sottoscritto che gia era accasato e lavorava in fabbrica, usufruendo della scuola delle 150 ore (un meccanismo che permetteva anche a chi non aveva potuto studiare di farsi un titolozzo), si iscrisse ad un corso triennale per elettromeccanica avanzata (dal giorno avanti :D) comprendente una parte di insegnamento di elettronica che da solo era il 50% di tutto il corso e che in seguito sarebbe diventato, dopo alcuni anni di gestazione e sperimentazione, il triennio ITI più disastrato di tutti: meccatronica.
Al primo anno eravamo una ventina, al secondo sette, l'ultimo anno non fu fatto perchè eravamo solo due iscritti e tutto finì li.
In quei due anni tra le altre cose, imparai a fare i CS in maniera assolutamente garibaldina ma per i mezzi di allora molto efficace.
All'inizio, si usava la carta trasparente autoadesiva, sulla quale con l'ausilio di carta carbone, veniva ricalcato il CS di partenza, di solito era roba di NE........una volta ottenuto il master, si toglieva il protettivo e lo si attaccava alla basetta, pulita con l'acetone per le unghie e con un trincetto, si asportavano le piste, lasciando il rame scoperto, il quale veniva a sua volta verniciato con lo smalto da unghie. Percloruro ferrico et voilà il CS era belleche pronto. Il mio primo pre + finale stereo l'ho fatto così.
Poi ci siamo evoluti, passando alle fotocopie su lucido, molto scure, per poi fare un sandwich con la basetta sensibilizzata col fotoresist spry, il tutto coperto da un vetro e sotto la luce di lampade da illuminazione stradale per l'impressione. Il resto è ormai storia: soda caustica, percloruro e via, CS quasi professionali. Questo negli anni settanta, da veri pionieri, direi. PS, i circuiti venivano fatti ( udite udite) sulla BACHELITE ramata perchè la vetronite era ancora agli albori e costava assai assai
 
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gyppe
view post Posted on 8/4/2008, 20:43




Eh già, il fotoplotter sarebbe davvero una buona cosa.
Comunque io ho risolto tutti i problemi di supporti per il master, usando della semplice carta bianca, la più sottile che ho trovato. Stampo a massima risoluzione e contrasto con la inkjet, ed espongo per circa 10 minuti, magari un pò tantino, però il contrasto, in confronto ai lucidi e gli acetati, è molto superiore, spesa e tempo di asciugatura della stampa zero, e sopratutto posso fare tutte le prove che voglio.


Riguardo gli acidi, io fino ad ora ho sempre usato acido cloridrico, anzi muriatico del supermercato e acqua ossigenata a 12 volumi, cioè quella per uso normale di pronto soccorso. Minima pericolosità, buona velocità, ma i vapori e i casini per lo smaltimento me l'hanno fatto odiare.

Ora da poco tempo sto usando una soluzione presa alla distrelec, non ho neanche controllato che stostanza sia, nel caso vi interessi vado a vedere. Costa poco, una decina di euro per 1 kg (200 g litro circa) è perfettamente trasparente, in una decina di minuti incide benissimo, e sopratutto non sviluppa assolutamente vapori o odori sgradevoli e pericolosi. Nel caso si usi una vaschetta con riscaldatore e agitatore a bolle, penso sia davvero la soluzione migliore.

 
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robo67
view post Posted on 8/4/2008, 23:00




Capitolo 4: Il circuito stampato artigianale

Dopo aver fatto una panoramica generale sui circuiti stampati é venuto il momento più atteso, quello della realizzazione del circuito stampato in modo artigianale.

Fase 1: preparazione del master.

In caso di realizzazione dei circuiti stampati monofaccia questa fase deve essere ignorata, perché il master può essere utilizzato direttamente subito dopo la stampa su foglio trasparente o semi-trasparente.

In caso di circuiti stampati a doppia faccia é invece necessario preparare il master per permettere una successiva perfetta (o quasi :( ) sovrapposizione della faccia superiore e di quella inferiore. Se questa operazione non viene effettuata correttamente in sede di foratura (e in seguito durante il montaggio) si pagherà la mancanza di coincidenza fra le piazzole superiori e quelle inferiori con un risultato tanto più scarso quanto più l'errore di sovrapposizione sarà elevato.
Nella foto seguente é visibile il master preparato per il doppia faccia.
Si può notare che sopra un pezzo di vetronite di spessore analogo a quello che sarà poi usato per realizzare il circuito stampato (normalmente 1,6mm) sono incollati, con scotch, i 2 master, il superiore su una delle facce del pezzo di vetronite e l'inferiore sulla faccia opposta. Dopo avere fissato il master sulla faccia inferiore del pezzo di vetronite si fissa sulla faccia superiore il secondo master facendo coincidere quanto più possibile le piazzole dei 2 master. Per questa operazione può essere di grande aiuto avere un tavolo luminoso, affinché la luce proveniente dal basso permetta di individuare meglio la posizione dei 2 master.

image

Fase 2: esposizione della basetta presensibilizzata.

Avendo a disposizione il master si passa ora alla fase di esposizione della basetta di vetronite presensibilizzata.
Innanzi tutto che cos'é una basetta presensibilizzata? Nel capitolo 1 si parlava della composizione di una basetta per circuiti stampati, formata da un isolante (spesso vetronite) a cui é incollato un foglio di rame.
Questa é la basetta standard (non presensibilizzata). Per realizzare i circuiti stampati col metodo fotografico (generalmente il più preciso e adatto alla realizzazione di più pezzi identici fra di loro) occorre che al rame sia sovrapposta una vernice fotosensibile che, analogamente alla fotografia chimica, può essere sia negativa che positiva.
Nel primo caso occorre che il master sia stampato in negativo, ovvero devono risultare trasparenti le zone dove si desidera che resti il rame, mentre quelle opache (scure) saranno quelle dove il rame verrà asportato durante la fase di incisione.
La vernice fotosensibile (detta fotoresist) positiva necessita invece di master positivi: le zone in ombra resteranno ramate, mentre quelle visibili durante l'esposizione verranno asportate.
Generalmente é più usato il fotoresist positivo.
Per avere una basetta sensibilizzata é possibile acquistarne una presensibilizzata in cui il fabbricante ha già provveduto a depositare il fotoresist e non richiede altri accorgimenti tranne quello di eliminare la pellicola opaca protettiva prima dell'esposizione (per evitare che la luce ambientale impressioni accidentalmente la basetta, questa viene commercializzata ricoperta da un film plastico opaco sulla faccia ramata).
E' anche possibile partire da basette ramate standard e utilizzare il fotoresist liquido o spray per sensibilizzarla. L'operazione é fattibile (anni fa ottenevo anche buone precisioni con la versione spray), ma ha 3 inconvenienti:

1)Deve essere effettuata in condizioni di scarsa luminosità, quindi l'operazione é un po' scomoda.

2)Se la nebulizzazione della bomboletta non é perfetta si rischia che alcune zone restino completamente scoperte o scarsamente coperte; esiste anche il problema opposto: dal foro di uscita della bomboletta escono particelle di vernice più grosse delle altre che creano un accumulo e diventano più difficili da esporre correttamente.

3)A nebulizzazione avvenuta la superficie della basetta é particolarmente vulnerabile alle particelle di polvere, che se si depositano sul fotoresist ne creano un accumulo con problemi analoghi a quelli dovuti alla formazione di particelle di vernice più grosse della media. Il problema può essere ridotto soffiando con un phon sulla superficie della basetta per qualche minuto: anche se il fotoresist impiega abbastanza tempo ad asciugarsi (oltre mezz'ora), quei pochi minuti di riscaldamento permettono alla superficie esterna di solidificarsi, facendo in modo che eventuali particelle di polvere non restino incollate sulla basetta e possano essere asportate prima dell'esposizione.
Il consiglio di uno che ha usato entrambe le soluzioni é che le basette presensibilizzate siano da preferire anche se sono più costose.

L'esposizione avviene sovrapponendo il master alla superficie fotosensibile della basetta presensibilizzata ed esponendola per un tot. di tempo ad una sorgente di raggi ultravioletti.

Il tempo é dipendente dalla potenza e dal tipo di sorgente usata e dalla sua distanza dalla basetta.

Io da anni uso questa lampada: HQL 250W E40 RWL1
La mia ha una potenza di 250W ed é posta a circa 15cm dal piano che sorregge la basetta.
Con questi parametri il tempo di esposizione é di 1'45".
-Se il tempo é più breve del necessario il fotoresist rischia di non esporsi sufficientemente e sarà difficile asportarlo nel successivo bagno di sviluppo.
-Se il tempo é più lungo del necessario si possono avere delle imperfezioni nei bordi delle tracce ramate causate dal fatto che i limiti della zona in ombra contengono fotoresist parzialmente esposto e quindi parzialmente asportabile. Esiste inoltre la possibilità, causata dalla parziale trasparenza del master usato, che l'ombra creata sulla basetta non sia sufficiente, rendendo tutto il fotoresist vulnerabile al bagno di sviluppo.
Nella foto sottostante é visibile il master visto nella fase 1 sovrapposto alla basetta.
image

Nella foto é visibile la superficie bianca della basetta presensibilizzata. In realtà il colore del fotoresist é generalmente verde, mentre il bianco é dato dalla pellicola che protegge dalla luce il fotoresist.
Nel caso del circuito stampato monofaccia é sufficiente eliminare la pellicola bianca, sovrapporre il master e avviare l'esposizione.
Nel doppia faccia occorre eliminare la pellicola da entrambe le facce, infilare la basetta fra i 2 master (inferiore e superiore), fissare il master con nastro da carrozzaio sulla basetta e avviare l'esposizione prima da un lato, poi dall'altro.

Per ottenere una buona precisione nelle piste del circuito stampato occorre che il master aderisca perfettamente alla superficie della basetta. Eventuali gobbe, grinze o sacche d'aria rischiano di creare ombre anomale con peggioramento del risultato. Per ridurre (o eliminare) il problema io uso un vetro per mantenere schiacciato il master sulla basetta durante tutta l'esposizione.

<segue>
 
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gyppe
view post Posted on 8/4/2008, 23:34




Si, si, ora comincia a farsi interessante, non che gli altri capitoli non fossero interessanti, anzi :)
Però law, mi raccomando (ma tu chi sei? dirai :D ehehheh), visto che stiamo tutti commentando, dopo finito andrebbe ricopiato tutto su un post chiuso e naturalmente messo in evidenza.
Così potrò studiare con calma :P

 
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view post Posted on 9/4/2008, 08:50
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Immane Rompiball

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Gyppe, puoi scaricare questa discussione e salvarla su file e farci un CD o cosa ti pare. Guarda in alto in "stampa discussione" o "invia tramite e-mail" a te stesso.

Comunque, ogniuno ha il suo modo di fare i C.S. Ed i risultati variano da caso a caso, nel senso che la qualità degli stampati fatti con il medesimo processo artigianale possono cambiare molto.

Io è dal 1972 che faccio circuiti stampati. Anche se avevo solo 15 anni, mi arrangiavo a farli con il pennino per china e l'inchiostro della GBC, quella schifezza blu a base di alcohol. Non si potevano fare circuiti stampati adatti agli integrati, anche perchè ancora gli integrati non c'erano in giro, ma per le solite resistenze, condensatori e transistors tipo OC7 o gli avanzatissimi finali di potenza complementari AD161 AD162 erano sufficienti. Ma anche quando usci il favoloso amplificatore da 300mW il TAA300 appunto, siccome aveva i piedini allargabili si poteva montare su quei circuiti improvvisati a mano. Una volta disegnato il lay out con l'inchiostro direttamente sul rame pulito, su backelite naturalmente, si poteva incidere con il percloruro ferrico che macchiava costantemente pavimento, tavolo, pantaloni ecc...
Il salto di qualità lo feci intorno al 1974, quando finalmente si cominciarono a trovare i trasferibili con le forme delle piazzole e le striscie di nastro corrugato nero di vari spessori. Si trasferiva su acetato trasparente attaccato con nastro adesivo su di un retino a passo 2.54mm. Alla fine si copiava per contatto su pellicola fotomeccanica e si sviluppava in negativo. Poi si correggeva con un taglierino a punta gli sbafi e le imperfezioni, usando anche un pennarello a inchiostro metallico nero. Poi si rifaceva l'impressione a contatto e si riotteneva il positivo perfetto su fotomeccanica con il quale fare tante copie perfette di circuiti stampati a livello quasi professionale. Non ho mai usato il solder verde perchè occorreva usare un apparato serigrafico dall'uso impossibile. Quindi usavo una soluzione per la doratura delle piste che rimanevano perfette a vita.
Tutt'ora uso questo sistema da quando sono riuscito a ritrovare la pellicola fotomeccanica che pare non sia più diffusa, e lo considero il meglio.
 
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gyppe
view post Posted on 9/4/2008, 17:47




E dai, che permaloso :D
Quella di studiare con calma era solo una battuta, volevo solo dire che sarebbe più carino riordinare tutto quanto, anche per premiare il lavoro di robo, e permettere ad un visitatore di trovare tutte le informazioni. Ma infondo così snaturiamo tutto lo spirito del forum :)
 
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view post Posted on 9/4/2008, 17:50
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Immane Rompiball

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Se pole fa, possiamo aggiungere una discussione separata per il tema e lasciare quì solo i post di Robo. Che ne dite? Se volete domani procedo, avete tutta la notte per pensarci... :lol:

Non vorrei disumanizzare le discussioni, negli altri forum chi devia dal topic viene passato per le armi, quindi si tolgono gli scherzi, le burle, le fesserie, che distraggono certamente, ma Wikipedia già c'è e noi non siamo Wikipedia. Poi si rischia di non trovare più qualcosa perchè è stato spostato o cancellato... io odio le cancellature... son un'offesa ai diritti umani. Se uno scrive qualcosa, qualunque cosa sia, ha il diritto di sbagliare, e sbagliando si impara. Se invece si fa apposta e si persiste allora d'accordo, passiamolo per le armi. -_-
 
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robo67
view post Posted on 14/4/2008, 23:00




Fase 3: sviluppo della basetta esposta

Dopo avere esposto correttamente la faccia (o le facce in caso di un doppia faccia)presensibilizzata l'immagine del master non é ancora visibile (solo con alcuni tipi di basettta é possibile notare qualche accenno del disegno).
Per renderlo visibile, scoprendo il rame da asportare, occorre immergere la basetta esposta in una soluzione di sviluppo composta, quasi sempre, da 7gr, di soda caustica sciolti in un litro d'acqua (attenzione a maneggiare la soda, dato che é corrosiva e, prima di essere sciolta nell'acqua, dove sarà molto diluita e quindi non particolarmente dannosa, potrebbe reagire con le mani umide e bagnate, creando spiacevoli conseguenze).
Quando la soda viene sciolta nell'acqua si sviluppa molto calore; questo é un buon motivo, altre a quello dell'eliminazione dei sedimenti, per agitare la soluzione fino al completo scioglimento della soda, che altrimenti si salda/incolla sul fondo dei contenitore di plastica.
A mano a mano che la soda aggredisce il fotoresist non fissato (si va da alcuni secondi a 1-2 minuti a seconda del grado di efficienza della soluzione di sviluppo e della sua temperatura) il disegno diventa visibile, inizialmente in modo sbiadito, poi sempre più marcato. Per aiutare la reazione si può usare un pennello molto morbido (un pennello duro può graffiare il fotoresist portando all'interruzione delle piste).

Quando le zone prive di fotoresist avranno un colore rosso rame senza residui si estrae la basetta dalla soluzione di sviluppo e la si lava in acqua fredda per eliminare le tracce di soda.

Ora la basetta di presenterà come in foto:

image

Ora la basetta é pronta per la successiva fase:

Fase 4: l'incisione

L'incisione viene spesso confusa con lo sviluppo, perché é in effetti una trasformazione da un circuito disegnato in uno stampato su rame.

L'incisione avviene per via chimica tramite acidi specifici.
Il più usato é il percloruro ferrico, che può essere in forma solida (sfere gialle da sciogliere in acqua) o in soluzione pronta all'uso di colore giallo/marrone.
Il percloruro ferrico corrode bene rame e ottone e ancora meglio l'alluminio, che però fornisce una reazione violenta che genera abbastanza calore e fumi poco rassicuranti ed é quindi da evitare.
E' invece abbastanza innocuo per la pelle, abbastanza nel senso che non é ustionante, ma tende comunque a seccarla, quindi i guanti sono consigliabili in ogni caso.
Non é assolutamente innocuo per quello che riguarda il discorso estetico: macchia qualsiasi cosa e su indumenti, pavimenti e superfici non impermeabili crea chiazze praticamente indelebili, quindi attenzione a maneggiarlo.
Un'alternativa al percloruro ferrico, che però é molto meno diffusa, é il persolfato d'ammonio. Si presenta sotto forma di polvere bianca simile allo zucchero che, se sciolto in acqua, crea una soluzione incolore.

Sia il percloruro, sia il persolfato, cambiano colore a mano a mano che assorbono rame: il percloruro passa da giallo/marrone e marrone/verde, il persolfato diventa invece azzurro.
Il colore dà un'idea molto grossolana dello stato dell'acido, pertanto per sapere se la soluzione é ancora utilizzabile o se deve essere scartata (é buona norma non buttarlo nelle fognature ma smaltirlo correttamente nell'isola ecologica) é meglio verificare il tempo che impiega alla corrosione della basetta.
In media il tempo di corrosione per un circuito stampato 10x15cm va dai 10 ai 40-50 minuti, dipendenti sia dalla concentrazione dell'acido/grado di esaurimento, sia dalla sua temperatura (se utilizzato a 30-40°C si ottiene una notevole accelerazione della corrosione), sia dall'eventuale movimento dell'acido all'interno del contenitore (come agitatore é conveniente usare la pompa da acquario che, non essendo a contatto del liquido, ha un'affidabilità buona per lungo tempo).

Se si usa la vetronite si noterà, ad incisione terminata, che le zone non coperte da piste e piazzole sono semi-trasparenti.

E' importante non prolungare troppo il processo di incisione perché si possono avere i seguenti problemi:
1)Se il master di partenza non era sufficientemente opaco o se é stata prolungata troppo la fase di sviluppo il fotoresist rischia di non essere abbastanza protettivo nei confronti del rame, permettendo la parziale corrosione anche in quelle zone dove il rame non doveva essere intaccato.
2)L'acido, dopo avere corroso le zone prive di fotoresist inizia a corrodere anche il fianco di piste e piazzole, assotigliandole.

Un trucco (scoperto ovviamente per caso): l'acido esausto o comunque molto usato può essere lasciato decantare in contenitori chiusi, in questo modo il rame si deposita sul fondo del contenitore e l'acido di purifica notevolmente (non torna nuovo ma quasi). A questo punto se quando si versa l'acido si presta attenzione ad agitarlo poco e se ne lascia sul fondo del contenitore una piccola quantità (quella più satura di rame), se ne prolungherà la vita, con vantaggi per le tasche e per l'ambiente.

<segue>



 
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